“Si può iniziare dalla scuola un’educazione alle pari opportunità capovolgendo le immagini odiose, anacronistiche con cui molte donne, quelle che combattono per essere soggetti attivi nel mondo, sono rappresentate e vissute, oggi (…)
E’ la continua svalutazione cui sono sottoposte che fa sentire tante ragazze insicure, a disagio e sbagliate. Si può inizare con un gesto di fiducia e ascolto nei confronti delle ragazze e incoraggiamento e spazio a tutto quello che non riescono a dire, a fare, a pensare, a desiderare. Comincerei col trovare immagini per ciò che non è stato mai visto, parole per ciò che non è stato mai detto.
Travestimento, furto d’identità? Comunque lo si chiami, non è bastato un secolo di battaglie per restituire al mondo lo sguardo di donna, il suo punto di vista, la sua sensibilità, il suo diverso modo di agire
A scuola si può iniziare col guardarci l’un l’altro e chiedersi: siamo chi vorremmo essere?
Ricongiungerci a noi stessi è il primo passo, prima di ricongiungerci agli altri.
Ricongiungerci con gli altri vuol dire, anche, ritrovare noi stessi, abbandonare l’idea di identità statiche, chiuse, rigide, definite in schemi astratti e condividere un concetto fluido, mutevole di identità, prendere coscienza che vivere è anche questo: cambiare in relazione a ciò che ci accade, ai luoghi in cui viviamo, alle persone che incontriamo.
Ma è impossibile dare voce e corpo a nuove identità, se non si trovano nuove parole, nuove immagini.”
Anna d’Elia – “Divenire altri”, in “Identità di genere e immagine femminile”, a cura di Maria Vinella, IRRSAE Puglia Quaderno n. 42 (2000)
Il testo è di circa dieci anni fa. E oggi, nelle scuole, su questi temi a che punto siamo? Lo chiedo con sincera curiosità, a docenti e studenti.
in foto: Therese Schwartze Van Duyl -Autoritratto, 1888 (olio su tela) dalla mostra “Autoritratte” , fino al 30 gennaio alla Sala delle Reali Poste, Uffizi, Firenze