Foto © Noemi Meneguzzo
“Affrontare una malattia mortale richiede sempre una revisione delle proprie priorità e un confronto con i propri valori. Nel caso del cancro al seno, una donna si trova anche a dover ridefinire la questione della propria femminilità, della propria identità di genere e delle relazioni sociali, al di là degli stereotipi e della visione altrui. L’esperienza vissuta in prima persona, la convinzione che la femminilità continui a esistere oltre il cancro ha reso forte nella curatrice l’idea di una mostra fotografica, di una trama di immagini che spinga l’osservatore a riflettere sulla femminilità e-oltre la malattia.”
“Quando, dopo la mastectomia nel novembre 2007, è arrivato il momento di togliermi le bende, ho abbassato le luci del bagno. Temevo di guardarmi allo specchio: avevo davanti a me l’infelice immagine di una donna che si scopre e quanto avevo letto su un “manuale per i sopravvissuti” che mi aveva dato l’ospedale. Invece… avevo 34 anni, mi sono guardata allo specchio e mi sono messa a ballare. Il mio corpo se lo poteva ancora permettere, potevo “sorridere” di ciò che avevo letto. Io mi sono sentita donna lo stesso e piena di vita.”
La storia della mostra di Noemi Meneguzzo insieme ad altre foto la trovate qui,e dal 6 al 21 ottobre 2012 a Vicenza, nel Palazzo delle Opere Sociali in piazza Duomo 2.
A questo proposito mi vengono in mente due iniziative che sono state fatte qui in Norvegia: un calendario con foto di donne mastectomizzate (secondo me molto bello) e uno, dissacrante, dove oncologi maschi posano a torso nudo, mettendosi per una volta nella posizione vulnerabile della relazione terapeutica.
un’iniziativa come la prima mi pare di ricordare sia stata fatta anche qui qualche tempo fa.
La seconda invece mi sembra proprio una novità! Interessante.
Non so cosa mi emozioni di più: se la foto – potente! – o le iniziative norvegse.
La seconda, degli oncologi, è straordinaria.
Purtroppo non riesco a ritrovarlo…
situazione che può essere deflagrante… e il fattore generazionale fa la differenza. l’immagine è forte. molto forte… quai liberatoria. quasi.
il concetto di femminilità spesso è in delega. questo contribuisce a un surplus di sgomento. almeno immagino.
Efrem grazie di aver commentato la foto.
Finora niente di ciò che avevo visto sull’argomento mi aveva convinto come questa immagine priva di ipocrisie e reticenze. Il bianco e nero, forse, qui è l’ultimo velo rimasto.
un po’ di pudore persiste… non penso al bn, ma al viso celato. ma capisco.
sì. il commento alla foto della stessa autrice fa capire che insomma già far circolare questa foto è un atto di coraggiosa rinuncia alla privacy.
Molto importante quello che dicevi sul fatto della femminilità solitamente “in delega”.
E poi c’è l’importanza del “Io ballo da sola”, che per una donna è un momento di forte affermazione di sé, del sentirsi, della vita, a dispetto di tutto e di tutti.
A ogni donna credo, anzi spero, càpita prima o poi un momento estatico-dionisiaco in cui, alla faccia del mondo, si leva le scarpe, mette su la musica ballabile preferita e si scatena a occhi chiusi.
vero! ho visto diverse donne ballare da sole… ma ti devo ringraziare per il flash che mi hai evocato: mia madre che balla felice e da sola davanti alla casa di campagna della sua famiglia. avevo quattro anni… stavo seduto sui gradini della scala esterna… tagliavo peperoni… era estate.guardavo mia madre e ridevo. stavo da dio.
bellissimo!
ma molto coraggiosa questa donna , è un tema delicato non vorrei offendere la sensibilità di nessuno, ma la chirurgia plastica può risolvere questo problema ciò è possibile?
ne so poco, ma credo sì che la chirurgia plastica possa aiutare in questi casi.
Importante la distinzione tra “risolvere” e “aiutare”, mi pare.
Diciamo innanzitutto che quasi il 50 % delle mastectomie sono cosiddette conservative, cioè non si asporta tutto il seno ma solo la parte malata, che in genere è minima. Il restante 50% è ablatio, come nella foto. A decidere, almeno nei paesi con strutture medico chirurgiche adeguate, è la dimensione del tumore primario.
La ricostruzione del seno in caso di ablatio può avvenire o immediatamente, nel corso della stessa operazione (primaria) o in seguito, a distanza di mesi o anche di anni. Negli Stati Uniti, circa il 40% delle ricostruzioni sono primarie. In Italia non so. A decidere è lo stadio iniziale della malattia (presenza o meno di metastasi, ad esempio), la quantità di tessuto rimosso, la capillarizzazione residua, ma anche le disponibilità e capacità tecniche delpersonale e della struttura che opera.
Grazie, Arte.