A chi pensa che ci ribelliamo alle forme dominanti di spettacolo televisivo per moralistica voglia di censura.
A chi sostiene che le suddette forme di spettacolo televisivo siano la diretta conseguenza della liberazione sessuale, e dà la colpa al ’68 e dintorni.
A loro sarà forse utile guardare qualche copertina della rivista Nova, pubblicata tra il 1965 e il 1975 – come quelle qui sopra, per capire due o tre cose.
Che l’autentico spirito ribelle e anticonformista della liberazione ai suoi inizi non voleva dire fanciulle spogliate e messe in mostra come quarti di bue.
Che quello che ci scandalizza nello spettacolo attuale non è la nudità, ma ciò che ad essa si fa significare.
Che liberazione, tra le altre cose, voleva dire anche far le linguacce all’industria della bellezza (“It’s an ugly business being beautiful” dice la ragazza in copertina, è un brutto affare essere belli) a cui tutti oggi sembrano sottomessi; voleva dire la possibilità del ribaltamento dei ruoli sessuali, e la libertà per la donna di non essere sempre e soltanto passivo oggetto del desiderio maschile (“Lucky you – now you can ogle me” dice stupito l’uomo nudo appena uscito dalla doccia: beata te, ora puoi stare a guardarmi).
Indipendentemente da come vadano le cose in privato (qui si sta parlando dei segni della società), quella che oggi ci viene raccontata dai media è una donna regredita, di nuovo ingabbiata.
La rivista Nova durò solo dieci anni ma è rimasta un mito nel settore e un prodotto culturale unico nel suo genere. Finché lo spirito del tempo non spingerà qualcun* a riprovarci (e se aveste voglia mi raccomando, fatemi un fischio).
” non c’è bisogno di dire che le attitudini di Nova erano radicalmente femministe…ma anche per il suo persistente iconoclastismo, la rivista era letta (se non addirittura acquistata) anche da un pubblico maschile. La donna secondo Nova era una persona di successo, che si occupava della sua vita e della sua sessualità. La sua figura emergeva dagli articoli di moda e ammiccava senza compromessi dalle pagine dedicate alla bellezza con una tale sicurezza e una vitalità che , per molte lettrici della rivista, si trattava di una donna tanto ideale quanto quelle proposte da altre pubblicazioni. Ma, in qualche modo, con Nova, le donne sentivano che poteva esistere la possibilità di controllare una parte dell’energia e convogliarla verso la propria stessa esistenza. “ (Colin McDowell, “Fashion” vol.1, ed. Repubblica)