Quando ero al liceo Chrissie Hynde cantava nei Pretenders, ed era un bel personaggio. Mi colpì molto un’intervista dove, alla domanda “come vivi la tua femminilità?”, lei rispose: “Ho le mestruazioni ogni 28 giorni, e ogni tanto mi compro un profumo”. Immagino che volesse sottilmente dare di stupido all’intervistatore, banalizzando la questione. Eppure io già avevo iniziato a capire che la femminilità era una questione maledettamente complicata.
Un paio di anni dopo, per cercare di chiarirmi un po’ le idee, comprai questo libro:
“Non intendo proporre una nuova definizione di femminilità […]; intendo sollecitare l’indagine su un’estetica costrittiva che è andata evolvendosi per migliaia di anni – un’indagine sulle sue origini e sulle ragioni della sua persistenza, che riesca a mettere in luce le limitazioni che essa pone alla libertà di scelta.
Storicamente […] la paura di non essere abbastanza femminili, nello stile o nell’animo, è stata usata contro le aspirazioni individuali e collettive delle donne […] Qualsiasi siano le distinzioni proposte – la signora e la puttana, bellezza provocante o casta, nobile e altruistica dedizione o dipendenza infantile – le contraddizioni intrinseche lasciano qualsiasi donna nell’incertezza: avrà seguito correttamente le istruzioni?
[…] E’ ancora più negativo, probabilmente, il fatto che la femminilità non è qualcosa che si valorizzi con l’età […] Gli anni post-riproduttivi si allungano sempre di più, e questo fa emergere una nuova verità: il problema non è che alcune donne sono un fallimento dal punto di vista della femminilità, ma che la femminilità non può più essere un obiettivo credibile.”
Non conoscevo questo libro , il brano è molto interessante, soprattutto l’osservazione sulla domanda che qualsiasi donna potrebbe proporsi a proposito della sua femminilità(“Avrò seguito correttamente le istruzioni?). Ritengo che siano ancora valide certe osservazioni, lontane nel tempo, di Elena Gianini Belotti. In particolare la conclusione che sia data a tutti, uomini e donne, la possibilità di crescere secondo i propri desideri :perché quando i danni sono stati compiuti e hanno generato ( mi sembra questo il problema) sofferenza è proprio allora che le etichette sulla “femminilità” ( ma anche sulla “virilità”) diventano più pesanti.”Dove ho sbagliato?” E invece, come osserva Susan Brownmiller,che fine fanno la libertà di scelta, le aspirazioni individuali e collettive? Perciò , ancora e sempre, dalla parte delle bambine e dei bambini.
Benvenuta, Arianna. Concordo con te, anche se di questo libro ho trovato anche troppo radicali certe critiche – ma ne vorrei riparlare più avanti paragonando alcuni punti alle tesi di un altro libro.
In ogni caso l’importante è non abbassare mai la guardia, non smettere mai di interrogarci su cosa vogliamo essere e cosa vogliono che siamo.
Leggerò volentieri altro sul libro di Susan Brownmiller, anche sotto forma di critica al suo “radicalismo”. Il brano proposto mi è sembrato sorprendente forse anche perché estratto da un contesto che non conosco. Aspetto ulteriori sollecitazioni. Grazie.